Identità e partecipazione: la strada dei prossimi quattro anni

Ci è voluto qualche giorno per trovare le parole giuste, o forse proprio per ri-trovarle. I risultati di queste elezioni lombarde hanno riconosciuto a Professione Psicologo la maggioranza assoluta in Consiglio. Se ancora non ve l’abbiamo detto a sufficienza: grazie ad ognuno dei colleghi che ci hanno sostenuti! E grazie anche a chi, partendo da posizioni differenti, con noi si è confrontato, portando punti di vista, proposte e domande.

Nel corso degli ultimi mesi di campagna elettorale, abbiamo potuto toccare con mano due aspetti che per noi sono essenziali.

  • Il primo punto riguarda la necessità di nutrire e far crescere un pensiero più politico, identitario.

Paradossalmente (o forse no!) la nostra è una categoria professionale che “soffre” del bisogno di riconoscersi in un’identità coesa. Sappiamo bene che il mestiere dello psicologo si declina in tante specificità a seconda degli ambiti in cui lavora e dell’utenza a cui si rivolge: studio privato, ospedale, azienda, comunità, terzo settore eccetera. L’art. 1 della Legge 56/89 definisce molto bene quali sono gli aspetti che sono propri della nostra professionalità, ma allo stesso tempo sappiamo che tante (e preziose) sono anche le differenze che descrivono i vari profili del nostro lavoro.

Questa molteplicità è forse il motivo per cui finiamo per non sentirci parte di una categoria “unica”, per non coltivare un senso di appartenenza identitaria: ecco allora che nella confusione spuntano i “mostri” di chi da fuori potrebbe prendere il nostro posto, fare quello che è nostra specifica competenza.

In fondo, se non siamo noi i primi a definirci di fronte alla società e alle istituzioni, come possiamo pensare che lo facciano gli altri?

Su queste premesse si pone il pensiero più politico che Professione Psicologo intende portare avanti con impegno e entusiasmo: rendiamo forti i confini della nostra professione, rendiamo solida la nostra identità e non avremo bisogno di difenderci dall’“altro”, ma potremo dialogare e metterci in ascolto, senza il timore che la prima folata di vento (ma nemmeno la tempesta più insistente) metta in discussione chi siamo.

  • Il secondo punto riguarda il tema della partecipazione: l’importanza di avvicinare il nostro Ordine agli ormai quasi ventimila colleghi che lo compongono.

In tanti hanno partecipato alle elezioni, ma molti di più sono quelli che non ci sono stati. Solo il 15% è infatti venuto a esprimere la propria preferenza dai notai su tutto il territorio o al seggio in Casa della Psicologia.

Questo dato, forse ancor più delle voci individuali o delle boutades social, ci spinge ad interrogarci e a pensare come pianificare i prossimi quattro anni di lavoro in Consiglio per avvicinare l’Ordine a tutti coloro che di fatto ne costituiscono le fondamenta: i suoi iscritti.

Se la politica nazionale ci mostra quanta sia la sfiducia che si nutre per un’istituzione che non si sente vicina, da cui non ci si sente ascoltati e che “chi lo sa se serve poi a qualcosa”, proviamo allora ad apprendere dall’esperienza.

Per questo tutti i progetti e le azioni che metteranno in pratica il programma di Professione Psicologo 2020-2023, terranno saldo l’impegno per avvicinare e avvicinarsi a quanti più colleghi psicologi.

Per concludere, identità e partecipazione sono i temi che avevamo in mente quando abbiamo pensato allo slogan “La rete fa la differenza”.

La rete pensata come un insieme di strade interconnesse che costituiscano un unicum e che allo stesso tempo siano solide, accessibili e soprattutto simili: simili ad ognuno dei quasi ventimila colleghi che nelle loro preziose specificità danno vita alla nostra comunità professionale.